Il vertice Ue-Cina di ieri celebrava il 50° anniversario dell'avvio delle relazioni bilaterali. Ma soprattutto si è svolto in un momento delicato, per le trattative commerciali che coinvolgono sia l'Ue che la Cina con gli Stati Uniti. Il rapporto con Trump è il proverbiale elefante nella stanza.
Per capire la strategia e le aspettative di Pechino, bisogna partire dall'economia. Numerosi rapporti, tra cui quelli del think tank tedesco Merics, hanno mostrato la crescente dipendenza dell'Ue dai beni provenienti dalla Cina. È un'asimmetria di lungo corso, cresciuta in questo primo scorcio di secolo e che l'Europa non ha ridotto, se non a chiacchiere.
La Cina è impegnata, fin dalla prima amministrazione Trump, a diversificare le sue esportazioni rispetto all'enorme mercato Usa. In questa fase della guerra commerciale, Pechino si è chiaramente preparata a un calo ulteriore delle esportazioni negli Stati Uniti (-10% nel primo semestre 2025) compensando la differenza grazie alla crescita delle export verso altri partner. In primo luogo, verso l'area chiave per la strategia cinese, ovvero i Paesi Asean, ma anche verso l'Africa, su cui c'è un investimento di lungo termine, e la stessa Ue.
L'Europa interessa quindi tuttora a Pechino come mercato di sbocco, per sopperire alle tensioni economiche con gli Stati Uniti, che nonostante alcuni tira e molla resteranno la tendenza fondamentale. L'Ue è anche una destinazione per gli investimenti cinesi. Tra l'altro, Pechino ha proposto grandi progetti in Paesi come Ungheria e Slovacchia, soprattutto su batterie e mobilità elettrica, e ciò ha reso più difficile un consenso complessivo europeo su misure punitive verso le aziende cinesi. Ma il 2024 ha visto un calo sensibile dei nuovi progetti cinesi sui veicoli elettrici in Europa e diverse cancellazioni.
Non bisogna mai esagerare l'importanza del mercato europeo ma nemmeno sottovalutarlo. Nella visione di Pechino, anche per quanto riguarda le industrie in cui ha ormai la leadership (come la filiera delle rinnovabili, la trasformazione delle materie prime critiche, la mobilità elettrica) si tratta di presidiare sia la parte produttiva (mantenere il primato nella capacità industriale) sia, appunto, i mercati di riferimento. I consumi cinesi non bastano, così come non bastano regioni come Africa e Sud America. La competizione in Ue e nel Sud-est asiatico è un elemento rilevante della partita cinese con gli Stati Uniti. Per questo, le decisioni di Bruxelles e degli Stati membri sulla sicurezza degli investimenti e sugli appalti in materia di tecnologia continuano a essere guardati con attenzione. Anche, se per via della velocità dello sviluppo tecnologico della Cina, la sua sete di proprietà intellettuale europea è molto minore rispetto a 15-10 anni fa.
Nel summit si è parlato anche delle varie aree di tensione che investono Ue e Cina, e in particolare dell'Ucraina. La Cina ha continuato a ribadire ufficialmente di non essere parte in causa. Secondo il South China Morning Post, il ministro degli Esteri Wang Yi avrebbe confidato all'alto rappresentante Ue, Kaja Kallas, che Pechino non può accettare una sconfitta della Russia, per il timore che gli Stati Uniti possano poi concentrare tutta la loro attenzione sulla sfida cinese. Negli ultimi mesi, l'Ue ha imposto una serie di sanzioni che hanno colpito le banche cinesi e ampliato le restrizioni sulle esportazioni di beni duali verso la Russia. La Cina ha reagito negativamente. È quasi certo che un dissidio su questo tema rimanga, al di là delle parole di circostanza.
In sintesi, l'obiettivo primario della Cina è mantenere la relazione economica con l'Europa, nonostante alcune inevitabili tensioni, perché è uno dei punti della diversificazione rispetto agli Stati Uniti. In termini simbolici, la Cina vuole apparire come potenza "adulta nella stanza" agli occhi degli europei rispetto agli Usa, quindi si augura che le tensioni tra le due sponde dell'Atlantico aumentino e che la cosiddetta "unità dell'Occidente" sia una chimera.