Plessi, a Parigi le sculture dell'immateriale

Scritto il 25/07/2025
da Mimmo Di Marzio

La galleria Tornabuoni presenta le suggestive installazioni video del grande artista italiano. Dall'Arte Povera alla tecnologia: l'Acqua come tema filosofico e primordiale

Nel mondo dell’arte ci sono casi in cui promozione culturale e mercato si fondono in un abbraccio virtuoso. È la testimonianza di una delle gallerie più attive a livello internazionale nel sostegno dei maggiori artisti italiani del Novecento e contemporanei. Parliamo di Tornabuoni Arte fondata a Firenze da Roberto Casamonti e suo figlio Michele, che nella sede parigina di Avenue Matignon ha nei giorni scorsi inaugurato una grande mostra dedicata al videoartista Fabrizio Plessi intitolata Une Histoire d’Eau, parafrasi poetica del celebre romanzo di Pauline Rèage.

Nel caso dell’esposizione curata da Ilaria Bignotti protagonista è l’Acqua, elemento primordiale da sempre al centro della ricerca di un artista che il pubblico italiano ha avuto modo di apprezzare attraverso grandi esposizioni pubbliche e scenografiche installazioni site specific come quelle in piazza San Marco a Venezia, nella Valle dei Templi di Agrigento, nella Sala dei Giganti di Palazzo Te a Mantova, alle Terme di Caracalla a Roma, alla Lonja di Palma di Maiorca. La mostra di Parigi è stata allestita in modo volutamente minimale con la scelta di poche sculture di fortissimo impatto emotivo, mettendo in scena un vero e proprio environment che immerge lo spettatore in un viaggio visivo e sonoro in cui l’elemento acqua si declina in un polimorfismo sensoriale e cromatico: “acqua che inghiotte e rilancia, acqua che circola e acqua che riflette, acqua palingenetica e acqua mitologica come un azzurro Uroboro”, scrive la curatrice.

A dominare l’ingresso è il grande “Splash”, opera del 2019, monumentale totem costituito dall’assemblaggio di quattro grandi schermi in cui l’acqua ha il colore rosso-sangue e sembra quasi esplodere in una cascata di fuoco. È lo stesso artista, nel descrivere la sua ricerca, a chiarire il proprio rapportarsi con questo elemento chiave della Natura che pervade tutta la sua opera fin dai bozzetti e dai disegni a matita: “Quest’acqua avvolge tutto con i suoi riflessi, si espande sui disegni, ne sfuma i contorni e, con le sue riverberazioni, altera i tratti a matita come un elastico instabile e ondulante. Questo scintillio luminoso, che penetra dalle finestre, rende il disegno più fluido, instabile, mobile, evanescente, impalpabile; potrei dire che la matita fluttua sul fogli a mia insaputa…”.

Per Plessi la mostra di Parigi rappresenta in un certo senso la quadratura di un cerchio. Apprezzato in Italia e all’estero fin dalla sua prima esposizione alla Biennale di Venezia del 1870, l’artista ricevette la sua consacrazione proprio nella Ville Lumière, al Centre Pompidou che gli dedicò nel 1982 un’indimenticabile retrospettiva di tutta la sua produzione video. Il ritorno a Parigi negli eleganti spazi della Galleria Tornabuoni, sottolinea la curatrice, “rivela come un grande artista abbia saputo, già alla fine degli anni Sessanta, elaborare un linguaggio assolutamente unico, fondato sui principi dell’Arte Povera, per poi spingersi oltre”.

L’“oltre” è rappresentato dalle profonde peculiarità della ricerca artistica di Fabrizio Plessi nel panorama della videoarte europea, una ricerca che è anzitutto riflessione profonda sul rapporto tra natura, tecnologia e memoria. Il suo linguaggio si è sviluppato sin dagli anni Settanta con una coerenza sorprendente: Plessi ha reso il mezzo elettronico una materia poetica, una superficie sensibile che dialoga con elementi primordiali come l’acqua, il fuoco, il legno, il ferro e la pietra. Uno degli aspetti più potenti è nell’uso del video non come immagine narrativa, ma come pura energia visiva e sensoriale. Plessi è stato tra i primi a concepire il monitor non come una finestra sul mondo, ma come un corpo fisico: i suoi video diventano “materia viva”, sostanza che pulsa, vibra, respira.

L’acqua digitale, protagonista anche della mostra alla galleria Tornabuoni, nei suoi lavori non è un simbolo astratto, ma un’energia ancestrale, primitiva, in costante dialogo con elementi naturali reali. Allo stesso modo, i suoi fuochi elettronici – rossi, pulsanti, instabili – evocano la forza mitica del fuoco, ma lo fanno attraverso pixel e circuiti. È questa tensione tra arcaico e digitale che rende Plessi così unico.

A Parigi, così come nei progetti precedenti, i suoi lavori hanno spesso una scala monumentale, ma non sono mai freddi: sono macchine emozionali, capaci di evocare ricordi, inquietudini e suggestioni archetipiche. Le installazioni, composte da legni bruciati, metalli arrugginiti e immagini in movimento, sembrano rovine del futuro, oggetti di un’epoca in cui l’uomo e la macchina sono fusi in un’unica identità. In questo senso, Plessi è scultore dell’immateriale e artista profondamente umanista. Un altro tema centrale nella sua opera è quello della memoria: i suoi lavori parlano spesso di passato e presente fusi insieme, in una dimensione atemporale, in una dimensione sempre sospesa tra gloria del passato e precarietà futura.