Il caso di Garlasco non è di facile risoluzione e il lavoro che stanno conducendo in procura a Pavia lo dimostra. Sono in corso analisi a tutto capo sia dal lato scientifico che dal lato tradizionale per arrivare ad avere indizi e prove che possano togliere qualunque ombra sull'omicidio di Chiara Poggi. In carcere c'è Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni con l'accusa di omicidio e ormai vicino al fine pena, mentre nella nuova indagine è stato indagato Andrea Sempio con l'accusa di omicidio in concorso. Al centro dell'incidente probatorio, attualmente, ci sono soprattutto due elementi: il dna ignoto sulla garza utilizzata per fare il tampone a Chiara Poggi e l'impronta 33.
Ma è soprattutto la garza ad accendere gli animi di consulenti e difensori delle parti. Giada Bocellari, che con Antonio De Rensis difende Stasi, è stata molto chiara al termine della terza udienza dell'incidente probatorio quando si è chiesta "come certi consulenti sappiano che la garza non era sterile. Posto che, in sede autoptica, a me non risulta ci fossero. Parlo del generale Garofano". Uno dei nodi principali di quel reperto, infatti, è proprio la sua sterilità, o mancanza di sterilità, con conseguente aumento di probabilità di contaminazione che, secondo i consulenti di Sempio (tra i quali il generale Luciano Garofano) e della famiglia Poggi, è pressoché sicura. "Lui stesso ha detto che non ha partecipato a quelle analisi, che lo hanno fatto i suoi collaboratori. Non capisco come faccia a dire con questa certezza che la garza non era sterile", ha rimarcato l'avvocato Bocellari riferendosi a Garofano, che all'epoca dei fatti guidava il Ris di Parma che ha condotto le indagini.
"Quel tampone non è mai stato aperto. Sarebbe più onesto dire ‘effettivamente abbiamo sbagliato a sottovalutare questo tampone orale’, questa sarebbe l’unica dichiarazione, non ce ne sono delle altre", ha concluso l'avvocato di Stasi, sollevando quelli che per la difesa del condannato sono punti cruciali. Raggiunto dal quotidiano il Giorno, il generale ha fornito la sua replica: "Nel rispetto che si deve a questa inchiesta in generale e in particolare alla necessità di tentare l’individuazione di questo Ignoto 3, concordo con l’avvocato sul fatto che bisogna essere obiettivi. È vero che non ero presente, nessuno del Ris c’era a quel prelievo. Ma rileggendo la relazione del Ris, non a mia firma, è scritto che quel prelievo con la garza faceva parte, insieme a un campione ematico e a uno di tessuto, di precampioni utilizzabili solo per confronto, come materiale di riferimento della vittima".
Dal punto di vista del generale, quindi, non ci sono state sottovalutazioni e in merito alla possibile contaminazione ha aggiunto che "nei prelievi che il perito ha fatto su quella garza c’è la presenza di un aiutante del medico legale: una contaminazione già c’è. L’obiettività di una possibile contaminazione è stata tratta da questo dato obiettivo". Intanto le indagini proseguono e al rientro del perito incaricato dal gip si conosceranno maggiori dettagli in merito a quel reperto e alla sua effettiva o meno contaminazione. Se non dovesse essere di nessun operatore che ha interagito con il cadavere della vittima, le possibilità che sia di chi era presente al momento dell'omicidio sono molto alte.