Bivio giustizia: perché adesso l'opposizione deve scegliere

Scritto il 25/07/2025
da Gaetano Quagliariello

La politica italiana oggi è per tanti versi distante dal "periodo berlusconiano". Non manca chi parla di "Terza Repubblica".

La formula, assunta in purezza, ha però più a che fare con la retorica che con la realtà materiale. Una nuova Repubblica non nasce da un'etichetta mediatica, bensì da una riscrittura delle regole del gioco. Qualche pennellata di vernice sulla Costituzione non basta. Occorrono interventi strutturali, non cosmetici.

C'è, inoltre, un filo rosso che comunque lega quella stagione all'attualità. Consiste nello scontro - aspro e a tratti lacerante - tra politica e magistratura. Basta sfogliare cronache e dichiarazioni di questi giorni per comprendere che quel conflitto tra poteri non appartiene al passato, ma è ancora materia viva. E - ci si può scommettere - lo sarà ancora di più nel prossimo futuro.

Rispetto al tempo di Berlusconi, però, una continuità di fondo copre molte e rilevanti diversità. Nel ventennio 1994-2013 la contrapposizione tra "berlusconiani" e "antiberlusconiani" ha rappresentato l'asse portante del sistema politico. Da parte del comune sentire la magistratura era allora percepita come il "braccio secolare" dell'antiberlusconismo. Essa, per questo, è stata identificata con la sinistra. E tale collegamento mediatico, dopo l'ingresso in politica di Antonio Di Pietro, si è ancor più rafforzato. I giudici, inoltre, godevano del "diritto all'ultima parola".

Dal decreto Conso al lodo Alfano, passando per la legge Biondi, ogni scontro frontale si è chiuso con la politica in ritirata. Anche il "governo Letta" - il tentativo più avanzato di giungere a una riforma condivisa del sistema - è stato sostanzialmente abbattuto da una sentenza: quella definitiva comminata a Silvio Berlusconi, che poi ne ha determinato l'espulsione dal Senato.

Oggi lo schema è saltato. Il caso Palamara ha squarciato il velo. Ha scoperto le divisioni tra le toghe e la degenerazione correntizia prodotta dal cosiddetto pluralismo giudiziario. L'aura di moralità che rafforzava l'influenza dei giudici sull'opinione pubblica è in gran parte venuta meno. E le toghe non possono più considerarsi vincenti a priori, come nella stagione in cui la loro influenza finiva per dettare il passo nei confronti di governi legittimati dal voto popolare. Anche la geografia politica non è più quella di una volta. Durante il periodo berlusconiano, infatti, fronti e convenienze risultavano chiari. Oggi lo scontro appare più frammentato.

Le inchieste colpiscono anche a sinistra, come dimostrano i casi Sala e Ricci. E persino per Elly Schlein è diventato un rebus conciliare giustizialismo e garantismo. Fare una campagna per le dimissioni di Giovanni Toti e, nello stesso tempo, difendere a priori Beppe Sala è certamente possibile. Ma comporta un costo politico. Ogni passo incerto, ogni ambiguità, viene letta dall'opinione pubblica come un segno di incoerenza. La doppia morale, senza Berlusconi, non regge più o, comunque, regge assai meno.

Con l'approvazione in seconda lettura della separazione delle carriere, da parte del Senato, siamo giunti al tempo delle scelte. Sulla riforma, come è ovvio, ogni opinione è legittima. Ma c'è una scelta pregiudiziale alla quale politici e magistrati, giuristi, storici e politologi sono chiamati: si vuole provare a cogliere l'occasione per ricostruire l'esprit de géométrie del tempo che fu? O, invece - fosse anche solo per realismo -, s'intende già da ora lavorare alla sistemazione di un leale rapporto tra potere politico e potere giudiziario, qualunque sarà il verdetto del referendum?

È scontato che vi sarà chi proverà a cogliere l'occasione per riportare indietro le lancette dell'orologio. Lo si vede già all'opera. Che, invece, possa formarsi un fronte riformatore che si opponga a questo tentativo, appare assai meno probabile.

Si rischia, però, di dover mettere una croce sopra lo stato di diritto così come fin qui lo abbiamo conosciuto. E per questo, prima di rassegnarsi, vale la pena provarci.

Gaetano Quagliariello